Biografia di Frank Cianuro

Indossavo un leggerissimo quanto elegante abito di lino, colore blu Van Gogh. Avevo da poche ore compiuto 17 anni. Un paio di mocassini Cole Haan. Il pomeriggio si era assentato un attimo per indossare l’abito da sera. ero seduto al mio tavolo preferito del Caffè della Pace, in pieno centro di Roma.
Era l’ora del Martini, e all’improvviso sento ordinare una bottiglia di rhum agricolo. Ora, dopo aver controllato l’orologio, pensando che fosse entrata una combriccola di esuli cubani, volgo il mio sguardo verso il bancone e vedo un personaggio così strano che non potevo non rimanerne affascinato. Avete presente lo sguardo allucinato di Tom Waits? Le movenze istrioniche di Freddie Mercury? Ora mescolate le due cose e versatele insieme nell’involucro del corpo di un ragazzo forse mio coetaneo. La barba di un fulvo non troppo denso, trasandata quanto un quotidiano abbandonato sul tavolino a fine giornata. Prese la sua bottiglia e si mise a sedere, circondato da fogli colorati, pennarelli, sigarette artigianali (e di composizione caraibica??), fotografie impensabili e taccuini gravidi. I nostri sguardi si incrociarono. La sua educazione si manifestò attraverso un saluto del capo. Contraccambiai il gesto e mi alzai. “Il primo goccio è per i santi” e buttò il primo cicchetto di rhum sul pavimento. Riconoscendo in quel gesto la cultura del viaggio, accettai il suo invito e mi sedetti al suo fianco. Chiacchierammo per ore: di spettri, di donne, di colori, di maledizioni, di lacrime. Le bottiglie divennero due. Intorno a noi ormai la gente si alternava con un ritmo impossibile. Impossibile era anche quell’incontro. La notte trascorse tra caffè e grappa, tra aneddoti e balle, tra pacche sulle spalle e risate spacca addominali. Ci lasciammo scambiandoci i nostri indirizzi momentanei. Io ero il Principe del Giglio, lui la Regina dei Veleni. Passarono gli anni, le nostre lettere ci tenevano uniti, lettere e lettere, raccontando i giorni, le vittorie, gli insuccessi, le chiavate, le bestemmie, le immagini che non potevamo condividere. Di tanto in tanto, tra un viaggio e l’altro ci incontravamo. A Berlino, Londra, Manhattan, Budapest, Barcellona. Stavamo crescendo insieme. Un giorno appare armato di chitarra. La violenta a tal punto che questo strumento alla fine si concede completamente a lui. Nessun segreto. Ormai suonava come un fottutissimo rocker. Giuro che non ho mai visto nulla di simile. Un po’ di tempo dopo lo incontro che vaga zingaro in compagnia di una macchina fotografica. Dopo aver sedotto la musica voleva sedurre l’immagine. Le sue foto iniziano a mostrarmi un altro lato del suo eclettismo animale che sicuramente lo porterà alla pazzia. Pensavo. A dire il vero lo penso ancora adesso.Appena ci incontravamo si combinava danni. A volte, spesso, eludendo la legge, superando quel limite che conoscevamo benissimo. Imprese dannate, seguaci del demone alcol, fidanzate con nomi impossibili che duravano al massimo due notti. A entrambi piaceva sottrarre a scopo di lucro oggetti inutili o che divenivano tali dopola nostra conquista. Ricordo di una lunga serata in una località balneare, raggiunti da altri due elementi pericolosi (il Sultano del Cosmo e il Barone della Scienza) scatenammo una vera guerriglia silenziosa con il paese che ci ospitava. Distruggevamo o rubavamo ogni cosa ci capitasse sotto. Frenesia artistica maledetta e sublime che la gente del luogo etichettava come vandalismo. Che duro era vestire i panni di Robin Hood!Passarono altri anni. Uno strano silenzio. Poi un messaggio nella mia casella di posta: “Oggi muoio. Domani nasce Frank Cianuro”. Circostanze imprevedibili ci ricoprirono di silenzio. Ogni tanto un ricordo, un incontro mancato per poco, una telefonata veloce. Non per colpa nostra, ma per l’inevitabile corso degli eventi che come una corrente fluviale allontana o avvicina le sinuose canne ospiti.Ero alla inaugurazione di un nuovo luxury hotel a Roma. Vip e stelline a fare presenza. Giornalisti di settore, designer conosciuti, curiosi di scoprire la nuova opera. Al buffet incontro un mio amico pittore che mi presenta un po’ di persone noiose, champagne e vodka a farmi compagnia. Mi siedo al tavolo con alcuni americani che si occupano di interior design e sento che nel loro sboccato inglese infilano una parola italiana: “cianuro”. Non una volta sola, ma diverse. Dopo l’ennesimo bicchiere di vodka mi infilo nel discorso. Stanno raccontando di quella rissa scoppiata tra X e Y al ricevimento di Z. Il casus belli era la contesa di un paio di nuove opere apparse sul panorama artistico di San Diego, trovate in piena notte, dentro l’ascensore di servizio dell’Hotel Hilton. Descrivono queste come se fossero dannatamente affascinanti, anche se entrambi le definiscono con parole diverse. Mi parlano di colori e parole che si uniscono come amanti in un amplesso. Di forme che si sciolgono nella poesia. Incuriosito inizio a fare domande. Mi parlano di Frank Cianuro. Un nuovo artista che sta facendo impazzire i galleristi. Appaiono di tanto in tanto le sue opere in luoghi che nessuno si aspetta, con un biglietto che attesta l’immediata proprietà a chi le trova, scatenando così risse tra astanti inebetiti e stupiti di tanta bagarre. Chiedo informazioni di questo novello Warhol, Basquiat? con il mio dissacrante scetticismo e vengo a sapere che nessuno lo ha mai visto. Non sanno nemmeno la nazionalità. Hanno trovato alcune sue opere nel foyer del Radio City, in un supermercato della catena WalMart, in un Mc Donald’s a Denver, vicino all’ascensore di servizio dell’hotel Plaza. tutte firmate con un’impronta digitale. Continuano a raccontarmi la sua pazzia, finalmente estraggono un telefonino e mi mostrano una foto dell’opera: cazzo! No non era l’oggetto dell’opera ma la mia reazione immediata nel vedere cosa era rappresentato: una donna sensuale e liquida che maliziosamente ammicca. Ma io la conosco. Forse so chi è lui. Tutti mi guardano. Per fortuna il contenuto della bottiglia di vodka che, qualche saggio cameriere mi ha lasciato sul tavolo, mi annebbia la vista e mi rallenta i riflessi, così non posso fare altro che mettermi a ridere, toccare le tette alla ragazza che ho accanto, prendere un pugno dal rispettivo ragazzo e risvegliarmi mezzora dopo, solo sopra un divano dell’hotel Aleph. Arrivo a casa, apro il pc, mi faccio un paio di aulin, sfoglio l’archivio e tadaaaam! Cavron:”Oggi muoio. Domani nasce Frank Cianuro” ecco l’email che cercavo. Inizio a navigare su internet e vedo il sito di questo malato di mente che ti sommerge di figure evanescenti, colori plastici e parole poeticamente disadattate. Leggo dal sito: creatore-autore-fotografo-poeta-pittore-musicista-creativo….soggetto inquieto e tormentato…..ex sognatore, ora criptico rappresentatore della disillusione estetica…..l’aver sognato il cielo e precipitare nel fango….artista che odia l’arte e ristoranti…inizio a ridere ancora, lo so benissimo perché odi i ristoranti cavron, sei sempre stato un emotivo! Penso sia il caso di riprendere i contatti. Mando un’email. La risposta mi arriva dopo un paio di giorni, tramite corriere. Un pacchetto, alcuni disegni, alcune poesie. Un numero di telefono. Un abbraccio infinito e poi il nuovo incontro. Il caro vecchio Cianuro. Non ve lo posso descrivere, l’ho già fatto all’inizio di questo scritto. È lo stesso. Un po’ invecchiato. Un po’ più allucinato, ma con un fuoco negli occhi che è ancora imbevuto di energia, pazzia, genialità, voglia criminale e, almeno per quello che vedo, di una sana e invincibile amicizia. Nei suoi appunti leggo questo: Cianuro, spirito fatalmente relegato, in quello stato d’animo tra ombre e luci, che Baudelaire definì come, la costante angoscia della curiosità… Quando eravamo più giovani, chiudevamo le nostre lettere con una frase “friends will be friends”. Questo è per me Mr. Cianuro, nient’altro che un amico, con una forza d’animo che gli ha permesso finalmente di esprimere sotto forma di arte la sua vera essenza di folletto geniale. In culo alla balena vecchio mio, con l’augurio di ritrovarci presto in qualche altra notte a raccontarci le storie più impossibili e a ridere fino allo sfinimento.

Enrico.marangoni@leoburnett.it

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