Biografia di Marika Santoni

Nata a Verona il 07/06/1967. Vive e lavora a Peschiera del Garda.
Diplomata presso il Liceo Artistico Statale di Verona, l´Accademia di Belle Arti di Bologna, dove è stata allieva di Concetto Pozzati e presso la scuola d´incisione e calcografia di Castelnuovo del Garda.

Presentazione di Alessia Testa:
14/12/98

Ho avuto modo di conoscere Marika Santoni in occasione di una collettiva nel 1996, successivamente l’ho incontrata in una sua esposizione personale nel 1998, dove ho potuto costatare il seguito di un percorso appunto iniziato nel 1996.
Da allora l’artista sta sperimentando una tecnica che consiste nell’eseguire una “sorta” di matrice (che in realtà è un vero e proprio dipinto), una volta ottenuta questa matrice viene fotografata, elaborata e successivamente deformata attraverso computer o fotocopiatrici.
Dopo di ché passa alla stampa ottenendo delle tessere che assembla su dei pannelli, ottenendo così una nuova immagine dove interviene ulteriormente con colori e vernici nautiche.
Finita l’opera la fotografa nuovamente e attraverso lo stesso procedimento ne ottiene una nuova e diversa. Questo lavoro fin’ora ha condotto l’artista a eseguire tre cicli di opere non ancora esauriti, questi sono stati dedicati a Greta Garbo, a Peter Murphy ed un ultimo ai Grattacieli.
L’idea di base è un “continuum” infinito che parte da un’immagine ben definita e che ogni volta, attraverso la rielaborazione e la deformazione, diventa “altro da sé”.
Il lavoro di quest’artista sembra in continuo divenire e mi fa pensare ad una frase che ho letto di recente: ”…avere una forma nella mente significa controllare razionalmente, quando si fa una composizione “formale” del dipinto (e di conseguenza una “formalizzazione della mente”) si pensa a “mettere in scena” un’opera, più che a farla esistere.”
Sempre che esista un risultato finale, sono curiosa di vederlo, mi piace in ogni modo questo lungo percorso e concludo citando uno dei grandi maestri, J.Pollock: ”Dei miei quadri ho consapevolezza (riflessione razionale) solo dopo che li ho dipinti.”

Alessia Testa


Mostre personali.
2006 Personale, Galleria Zinkwit,Utrecht (NL).
1998 Personale, Art Café Primo, Bardolino (VR).
1997 Personale, Art Café, Verona.
1993 “Il Bestiario Immaginario”, Spazio comunale, Mede (PV).
1989Personale, Galleria Frà Giocondo, Verona.
1989Pesonale, Galleria del Manifesto, Malcesine (VR).

Mostre collettive.
2006 Galleria Zinkwit, Utrecht (NL).
2005 Performance, Atelier “Anja Fashion”,Garda(VR).
2001”Incontri”, Sala società Belle Arti, Verona.
2000”Rassegna”, Spazio espositivo, Trento.
1999”L’Informale”, Cortina Arte, Milano.
1996”ArtArtArtArt…”, Palazzo Alberini, Pozzolengo (BS).
1996 ”I Soliti Ignoti”, Via Sottoriva, Verona.
1995 “La figura femminile nell’arte contemporanea”, Loggia Frà Giocondo, Verona.
1995 “I Soliti Ignoti”, Via Sottoriva, Verona.
1995 “ArtArtArtArt…”, Palazzo Alberini; Pozzolengo (BS).
1994 “Art anno zero”, Centro Culturale, Brentonico (TN).
1993”Frammenti”, C.C. 6Maggio, Verona.
1992”L’urlo, il ferro, il fuoco.”, Casa di Giulietta, Verona.
1992”Contemporaneamente”, Palazzo Gonzaga, Volta Mantovana (MN).
1991Collettiva Accademia di Belle Arti, Bologna.

Pubblicazioni
“l’Ex Libris all’Accademia di Belle Arti”,Editrice Temi(1989).
“Storia del Castello di Malamorte(oggi Belveglio),Blue Service(1994).
“Cardi Selvaggi”,Blue Service(1997).

Varie
Scenografa per la Fondazione Arena di Verona per le stagioni liriche2000/2006.
Costumista e grafica per lo spettacolo”Nello Spazio di Carlo Scarpa”,Compagnia Teatroarte tenutosi ne Museo di Castelvecchio(Verona) dal 29novembre al 02dicembre 2000.
Grafica per lo spettacolo “Postumi di una serata futurista”,Compagnia Teatroarte per la stagione teatrale 2000.
Costumista per lo spettacolo “Progetto Divina Commedia”,Teatro Alcione(Verona), marzo2000.
Costumista e atrezzista per lo spettacolo “Amleto2000”,Teatro S.Fedele(Milano), dicembre1999.Teatro Alcione(Verona),febbraio2000.
Grafica per lo spettacolo “Purgatorio”,Teatro Alcione(Verona),marzo1999.
Grafica per lo spettacolo “Caligola”,Teatro Alcione(Verona),febbraio1999.
Costumista e grafica per lo spettacolo “Inferno”,Teatro Alcione(Verona),marzo1998.
Castello di Soave(Rassegna: “Notti nei Giardini d’Europa”),settembre1998.Teatro S.Fedele (Milano),novembre1998.
Segnalazione d’onore in scultura a “Il Centenario1992”,Premio Fortunato Depero,Torino.

“Incontri” Cinque Giovani Talenti Della Sbav*
di Elena Granuzzo - Collaboratrice di Juliet art magazine

Sempre più spesso oggi si è portati a considerare l’arte come espressione del proprio tempo; in questa tendenza si inserisce l’opera di Marika Santoni, giovane artista che ha già avuto modo di presentare parte della sua produzione in numerose esposizioni tenutosi a Verona, ma anche a Milano, Bologna, Trento...
Con l’ausilio di una approfondita conoscenza della tecnica Marika,come un “demiurgo del 2000”, riesce a creare la “finzione del quadro”, una sorta di trompe l’oeil a rovescio,nel quale non è l’arte a fingere la realtà, ma la realtà a fingere l’arte.
Prendendo spunto da temi e protagonisti della nostra epoca (Greta Garbo,Peter Murphy,Linda Evangelista....), l’artista esegue una “matrice” di un quadro che ,tramite fotografie,elaborazioni e deformazioni operate al computer, riduce a semplici tessere che successivamente, con grande libertà inventiva, assembla su pannelli ottenendo una nuova e inaspettata immagine.
A questo punto Marika interviene con colori e vernici nautiche per creare un’opera, a sua volta già pronta per essere nuovamente decomposta in piccoli tasselli, deformata e riordinata, venendo a creare così un’altra immagine, un “altro da sè”.
Con un gioco mistificatorio di forme, ombre, luci, l’artista riesce a creare un “quadro nel quadro”, in uno scambio di elementi figurativi ed astratti, espliciti ed allusivi, combinati senza soluzione di continuità.
In una assoluta mancanza di riferimenti, in una completa assenza di sintassi formale, avviene un’esplosione di luce, di energia, che oltrepassa i limiti del quadro, creando così una tensione verso lo spettatore.
Ne “Il sogno di Greta”, Marika si libera da qualsiasi riferimento,in una apparente dispersione caotica, in una coinvolgente totalità dello spazio disorientante, irriverente e imprevedibile. Tutto risponde a una dinamica, ad un movimento interiore teso ad accogliere dentro di sè ogni vibrazione implicita nel progetto dell’opera.
Nei ritratti di Linda Evangelista l’artista crea un’immagine più rassicurante; l’opera si addolcisce, acquista un’identità maliziosa, accattivante, in una diafana luce che sembra estrapolata ”da una tavolozza lunare”.

Elena Granuzzo
*Testo tratto dalla recensione della mostra “Incontri” tenutasi a Verona nel 2001

“INCONTRO CON MARIKA SANTONI” di Giorgio Fogazzi
Brescia, Settembre 1992
Parlare di un’artista, oppure anche solamente delle sue opere, avendo l’obiettivo di esprimere significati, contenuti, tratti dalla personalità artistica è impresa destinata a fallimento, se non si accetta una limitazione. I giudizi, lungi dall’essere definitivi e coinvolgenti la totalità del soggetto, sono invece il tipo di reazione di chi scrive ed osserva, mediata dalla propria cultura e dalla propria visione del mondo.

E’con questa consapevolezza che accetto di annotare spunti e impulsi che indubbiamente ricevo dalla personalità di Marika Santoni e delle sue opere, alle quali, dunque, è dovuta buona parte dello scritto.

Conobbi Marika un giorno in cui Ella esponeva un’opera di grande formato, a Volta Mantovana.
L’artista aveva riempito una parete di grandi pannelli i quali, come delle tavole imbandite, offrivano di tutto: conchiglie, sassi, ninnoli, brani di stoffa, oggetti.
L’evidente eterogeneità dell’esposizione era tuttavia ricondotta al senso dell’unità da una patina d’oro che ricopriva l’intera opera; anzi che debordava dall’opera per interessare la continuità del muro che entrava così, a pieno titolo, nello spazio espositivo.
Parlando con l’artista, ho saputo che gli oggetti disseminati sulle tavole non erano cose qualsiasi, ma autentici reperti, frutto di viaggi, selezioni, ricordi, quasi che con la loro storia potessero rappresentare la continuità tra presente e passato (archeologico) insieme a quegli spazi vuoti del muro che, con la loro doratura, prefiguravano il coinvolgimento di eventi futuri e incerti nella loro presentazione morfologica, ma certi nel loro accadere e nel loro appartenere all’unità.
Trovo che questa percezione delle cose, coinvolte e coinvolgenti mediante un denominatore comune che le rende riconducibili all’unità, sia pure nella diversità dell’espressione, costituisca uno dei tratti essenziali del rapporto che Marika Santoni esprime verso il mondo.
E’ un rapporto fatto, contemporaneamente, di amore ma anche della capacità di scegliere e di decidere con forza e senza rimpianti.
Gli ultimi suoi lavori che ho visto sono, a questo riguardo, significativi e meritano una citazione perché, probabilmente, sono sul percorso di un cambiamento nelle forme espressive dell’artista.
Alcuni sono rappresentati da finestre, le cui ante cieche sono dorate a chiazze all’esterno, ma anche accuratamente dipinte all’interno, senza che il pennello dimentichi i vetri, né ciò che si trova al di là degli stessi.
Le superfici, tanto interne quanto esterne, sono lisce, e non espongono alcuna di quelle presenze di oggetti che hanno distinto i precedenti lavori.
Gli interni delle finestre sono caratterizzati dalla presenza di un volto il quale, chiuso dietro l’imposta cieca, è garanzia di continuità di vita, se non di vita alternativa, solo che nell’arte di separare, si sostituisca quella dell’osservare e del compartecipare.
Non si tratta, probabilmente, del ripudio all’impiego dei reperti che rappresentano, in sé, il desiderio di storicizzare e dunque di coinvolgere, nell’attimo culminante della gestualità espressiva, il tempo nella sua totalità.
Si tratta piuttosto, di una semplificazione concettuale la quale, coinvolgendo la totalità dello spazio, quello immediatamente visibile e quello invisibile (interno dell’anta) rende possibile l’espressione di una visione totalizzante, sia pure attraverso una sintassi, cui manchino riferimenti immediatamente di perfezione formale.
Questa tendenza alla semplificazione che è un poco il passaggio da una prosa elegante e ricca a forme caratterizzati da voli pindarici di gusto concettuale, sembra essere confermata dall’ultima opera che ho potuto osservare e commentare con l’artista.
Si tratta di un pannello rettangolare dal fondo nero, drappeggiato da tessuti elastici in tensione costellato di oggetti.
La novità è data dal fatto che, anche in questo caso, la superficie non è interamente ridipinta in oro, ma lo è solo a macchie, che disegnano tra loro una discontinuità.
Ho interrogato Marika Santoni su questo fatto ed Ella mi ha risposto: ”Si, è vero, non ho riempito tutto d’oro. Credo si debba al fatto che non provo più lo stesso trasporto verso i rilievi; sono più attratta dalla superficie liscia.”
E’ evidente dunque che la discontinuità delle chiazze dorate non può essere intesa come un rifiuto della continuità tra tutte le cose, ma bensì il momento di riflessione tra una forma di espressione dell’unità in cui l’elemento unificante era dato dalla patina dorata, e un’altra forma la cui non discontinuità è una presenza in sé, nella prospettabile, totale, assenza di rilievi.

Prima o poi, Marika, ci presenterà uno specchio?

Giorgio Fogazzi

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